A. Locatelli: L’arte del Violino

12 concerti e 24 Capricci Con Gli Archi di Firenze ( Tactus)

31 Marzo 2019
Diego Conti
Tactus

«L’Arte del Violino»

Pietro Antonio Locatelli giunge come un fulmine a ciel sereno sul mondo musicale della prima metà del Settecento. Fa con il suo violino cose inaudite, riesce a suonare note così acute «da far perdere l’equilibrio ad un canarino, che perciò cadde dal trespolo», così racconta un aneddoto del tempo. È dotato di grande forza esecutiva, di una teatralità ed un carisma eccezionali; è soprannominato «Terremoto». Per le sue esibizioni indossa una palandrana blu di stoffa pesante, una spada al fianco; i suoi concerti, senza intervallo, durano tre ore. Grazie alla sua abilità di compositore dà al suo incredibile virtuosismo forma compiuta, chiama le sue acrobazie «Capricci» e con questo nome li fa stampare.

È il primo esempio di campionario di arditezze per violino solo. Dovrà trascorrere un secolo perché i 24 Capricci di Paganini vedano la luce, ancor più tempo per i 24 Studi ed i 24 Preludi di Chopin. I ventiquattro Capricci sono anche le cadenze di dodici concerti (per violino e archi) di grande bellezza e varietà, scritti in un lungo arco di tempo. Il tutto prende il nome di L’Arte del violino (altra intestazione che appare per la prima volta nella storia della musica, ma non certo per l’ultima).

La struttura di quest’opera non ha uguali nel Barocco: bisognerà attendere il XIX secolo perché cadenze così estese, se non così difficili, siano composte, e la musica è estremamente innovativa. Ne L’Arte del violino nuovo è il dialogo fra solo e tutti, nuove le soluzioni armoniche, melodiche, nuovo il trattamento nella scrittura orchestrale e solistica. Locatelli preannuncia lo «Stile Galante» senza essere mai lezioso, ha momenti di grande, drammatica tensione; alterna differenti umori all’interno d’uno stesso movimento con inopinati e quasi ‘mozartiani’ cambi di scena. Qualche parola va forse anche spesa per dire dei misteri che circondano gran parte della sua vita: la scelta di andare a studiare a Roma, seppure con l’«Arcimaestro» Arcangelo Corelli, essendo Locatelli di Bergamo ed avendo a disposizione la grande scuola violinistica veneziana; la decisione di andare a vivere ad Amsterdam e di abbandonare la carriera al suo apice; la quasi totale mancanza di informazioni riguardo più di trent’anni di vita trascorsi nella capitale olandese. Qualcosa in quei trent’anni deve pur aver fatto.

Locatelli condusse un alto tenore di vita ad Amsterdam; lo prova la sua abitazione, un appartamento di sei stanze, vani accessori e giardino con padiglione. Lo prova l’impressionante inventario stilato alla sua morte, di fatto l’unico documento a noi giunto circa la seconda metà della sua vita, comprendente numerosi quadri di valore, una ricchissima biblioteca, un clavicembalo a due tastiere, due violini, una viola, un contrabbasso. Viveva da solo, e l’elenco prosegue con quarantasei sedie, ventuno scaldapiedi e una quantità incredibile di stoviglie!

Tanto fu accurato quest’artista nello scrivere, stampare e catalogare le proprie opere quanto la storia a cancellare gran parte della sua vita.
Diego Conti

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Pietro Antonio Locatelli’s arrival on the musical scene of the first half of the eighteenth century was like a bolt from the blue. He wrote and performed things which had never been heard before on a violin; he was able to play in such acute regions “that a canary lost its balance and fell off its perch” according to an anecdote of the times. His ontemporaries had nicknamed him “Earthquake”, and he possessed great performing power and charisma. Reliable sources inform us that he used to wear a heavy, dark blue housecoat with a sword at his side for his performances, and that his concerts lasted three hours with no interval.

His ability as a composer enabled him, moreover, to give a polished form to virtuosity, as yet uncommon; he gave it organisation and published it under the name of “Capricci” (is the first example of a sample range of bold dexterities for solo violin, and it was not until a hundred years later that Paganini produced his 24 Capricci, and still longer for Chopin’s 24 Etudes and 24 Preludes). This is not all. Locatelli’ 24 Capricci are also the cadences of 12 concertos for violin and strings, quite dissimilar, given that they were written over a long period of time; all together they take the name of “The Art of the Violin” ( another title which appears for the first time in the history of music, but certanly not for the last.).

The structure of this work has no equal in the Baroque Age, and it was not until the nineteenth century that such extended cadences, albeit not so difficult, were composed. There was also innovation from a musical point of view. In “The Art of the Violin”, the dialogue between solo and tutti is new, as are the harmonic and melodic solutions, the orchestration. Locatelli was a forerunner of the Gallant Style; had moments of great dramatic tension, alternating different moods within the same movement, with unexpected and almost “mozartian” changes of scene.

It is probably worth spending a few words on the mysteries which hover over a large part of Locatelli’s life: his decision to go and study in Rome, albeit with the “Arcimaestro” Arcangelo Corelli, when he himself was from Bergamo and could have studied in the great (and much nearer) Venician violinistic school; his decision to go to Amsterdam and abandon his career when it was at its peak; what he did for over thirty years in the Dutch city. He most have done something considering the high standard of living Locatelli mantained, with an apartment of six rooms, appurtenances and garden with a lodge, not to mention an impressive inventory drawn up on his death, the only genuine document testifying to about half of his life spent in Amsterdam, including numerous valuable paintings, a well-stocked library, a harpsichord with two keyboards, two violins, a viola, a double bass, forty-six chairs, twenty-one footwarmers and an incredible ammount of crockery, seeing that he lived alone!

Locatelli was as accurate in writing,organizing and publishing most of his works as history was in wiping out a large portion of his life.
Diego Conti

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